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“New forms of tourism and the potential of the Elqui valley (Chile)/ Las nuevas formas de turismo y el potencial del valle del Elqui (Chile)”

 

“Base Design and Innovation” is an international academic publication created by the Design faculty of the “Universidad del desarrollo” (Santiago del chile, Chile). The number 3, recently released, is entitled: “Diseño en iberoamérica/Design in South America”.

I had the honor (as visiting professor) to participate in this publication with my essay about the territorial marketing & the thematic tourism entitled: ” Las nuevas formas de turismo y el potencial del valle del Elqui/New forms of tourism and the potential of the Elqui valley”. This article aims to describe, within the great issue of territorial improvement, the types of international tourism that are growing in the world and how “new tourists” could be attracted by a particular portion (of course, not the only one) of Chilean territory: the Elqui Valley (Valle de Elqui), located in the province of Elqui, Coquimbo Region, in northern Chile. For anyone interested, you will find my essay on page 360 of Base, available at this link: http://diseno.udd.cl/publicacion/numero-3/

Thanks to Alejandra Amenábar Figueroa and Bernardita Brancoli for the academic opportunity and Juan Emilio Henríquez for his precious help.
 

 

8/6/2018. “Brandscape” – La cultura industriale italiana si ritrova alla Nuvola Lavazza

 

“Chi mai sì duro e sì invido non lodasse Pippo architetto vedendo questa struttura sì grande, erta sopra i cieli di Firenze, ampla tanto da coprire con la sua ombra tutti i popoli toscani […]”. Così scriveva Leon Battista Alberti nel 1436 a proposto della cupola di Filippo Brunelleschi. Edificata a Firenze tra il 1420 e il 1436 e diventata uno dei simboli del Rinascimento fiorentino e del nostro Paese. Forse questo è uno dei primi esempi di quello che intende il neologismo Brandscape. Questo termine dà il titolo anche al convegno che si è tenuto a Torino l’8 di giugno in occasione dell’apertura al pubblico del Museo Lavazza, ultimo frammento incastonato alla bellissima struttura “Nuvola”, voluta dalla famiglia Lavazza e pensata mirabilmente dall’architetto Cino Zucchi. Questo tema, approfondito durante il convegno con oltre 600 rappresentati della cultura industriale italiana, vede probabilmente le sue origini (seppur senza anglicismi) già nelle botteghe rinascimentali degli artigiani, che costruivano con i Principi, i simboli della propria magnificenza. L’architettura allora, si affiancava ai dipinti, alle sculture, alle geometrie dei giardini per identificare e valorizzare il potere ma anche la bellezza, il primato culturale ma anche la volontà di creare un’identificazione con una cultura alta e sublime. Un’architettura, dunque, che doveva marcare un simbolo identificativo (brand) all’interno del paesaggio (landscape) non solo sociale ma anche urbano e naturalistico. Una cultura del fare, prima artigianale e poi industriale, che diventa simbolo della cultura d’impresa nel territorio e dunque parte di quel grande mainstream diffuso che racconta la nostra epoca. Patrimonio di conoscenze formato da storie, prodotti, lavoratori, brevetti, invenzioni, fondatori (e tanto altro) che diventano divulgazione culturale espressa da marchi importanti ed internazionali come Prada, Mercedes, BMW, LVMH e la stessa Lavazza. Aziende che, sempre più, vedono l’architettura come uno degli strumenti per testimoniare la propria identità. Citando Anna Klingmann ed il suo bellissimo libro (purtroppo non ancora distribuito in Italia) “Brandscape. Architecture in the Experience Economy” (2007, Mit press editore): “L’architettura è il punto d’inizio di un grande movimento che può giocare un ruolo chiave come catalizzatrice per generare un autentica identità per le persone ed i luoghi. Gli architetti e gli imprenditori possono lavorare per una politica di brand territoriale che permetta di promuovere valori culturali, etici, legati alla cultura imprenditoriale che rispettino l’eterogeneità dei territori e che focalizzi l’attività di valorizzazione con obbiettivi di sviluppo urbano più ampli ed inclusivi.” In definitiva il Brandscape è dunque non solo la volontà d’identificazione e di promozione di un marchio ma anche un’opportunità sociale e culturale per i territori e le istituzioni che ne fanno parte. Un atto ambizioso da parte delle imprese che ha a che fare con la memoria ma anche con la prospettiva e la vision di un’azienda. E questo si evince, plasticamente, nella già citata Nuvola Lavazza dove, all’interno dello stessa area, sono stati posizionati (in un silenzioso dialogo) l’headquarter (dove si studiano le strategie internazionali per il futuro) e il Museo (dove riluce la gloria del passato). E’ stato bello moderare questa mattina di “pensiero” con tanti protagonisti della cultura torinese e italiana. Ringrazio la Lavazza, Promemoria e Museimpresa che hanno reso possibile questa bellissima giornata.

Retail musealization?

Un convegno per raccontare la possibile vicinanza fra il mondo Retail e quello della Cultura d’impresa.

Nel corso della mia esperienza ho sempre osservato che, all’interno di un’azienda, l’area del Retail e quella dell’Heritage (Archivio e/o Museo d’impresa) sono spesso considerate distanti nella mente del management o dell’imprenditore.

La prima area è rappresentata dai punti vendita, spesso monobrand per i marchi del lusso e del lifestyle, considerati come l’ultimo step del processo: l’incontro con il cliente. Il quale, finalmente, arriva nel negozio per comprare e dare così un senso all’anima stessa dell’impresa e a tutti i processi che sono stati messi in atto (ideativi, produttivi, amministrativi, promozionali etc.) affinché quell’oggetto si trovi nello store davanti ai suoi occhi. La seconda area è rappresentata dal mondo degli archivi e dei company museums, strumenti che, spesso, sono considerati esogeni da molti appartenenti all’impresa in quanto soggetti culturali dentro una struttura profit come l’azienda. Una specie di ossimoro che viene assegnato, alcune volte, a istinti autocelebrativi della proprietà o dei nuovi investitori. Naturalmente, questi due frettolosi ritratti, sono descrizioni superficiali di quello che le persone più accorte, o più addentro a queste tematiche, sanno. I negozi monomarca non sono solo location di pura vendita ma hanno al loro interno, nei casi migliori, l’anima di una marca. Mentre gli archivi e i Musei sono frequentemente utilizzati fattivamente come strumenti di Branding, Communication & Marketing da molte aziende. La sola Associazione Museimpresa, sul territorio nazionale, vanta quasi settanta di queste strutture.

A parere di tanti (e di chi scrive) la realtà del mercato, oggi, sta costringendo molte aziende a nuove strategie commerciali e conseguentemente porterà queste due aree a confrontarsi e collaborare in maniera più stretta di quanto abbiano fatto finora. Infatti, i negozi monobrand, saranno sempre più incalzati dall’inesorabile avanzare dell’e-commerce e una loro possibile declinazione futura potrebbe trasformarli, sempre più, in luoghi identitari. Ambasciatori sul territorio delle caratteristiche valoriali, storiche, culturali, produttive che una marca detiene e che la contraddistingue dalle altre. Questa tesi è alla base del convegno che si terrà il 24 aprile presso il Cuoa-Business School di Vicenza dal titolo appunto “Heritage & Retail”: https://www.cuoa.it/ita/eventi/evento/heritage-e-retail

All Welcome!

 

Archivi e Musei d’impresa come strumenti 
di valorizzazione territoriale

Le “storie” all’interno degli archivi d’impresa e dei musei d’impresa, spesso, non raccontano solo un marchio ma anche dei valori territoriali che lo contraddistinguono: persone, fornitori locali, tradizioni artigianali e una conoscenza tecnica e manageriale diffusa, “tramandata al territorio” da più generazioni.
Nella mia esperienza ventennale di lavoro, all’interno di questi luoghi, ho regolarmente notato che spesso il “substrato culturale” che porta alla creazione di un’azienda o di una produzione industriale non nasce solo dall’intuizione nodale di un fondatore ma è glia anche di uno spirito del luogo, di un genius loci rappresentante di una cultura diffusa.
Quello a cui si assiste, quando si parla di rapporto fra imprese e territorio in termini culturali, è (nei casi in cui si realizza) spesso un supporto reciproco fra questi due mondi, uno scambio vicendevole di energie, di idee, di conoscenze, di know how. Uno scambio testimoniato storicamente da strutture atte alla conservazione della cultura come archivi e musei. Volendo approfondire il dialogo fra questi due attori possiamo evidenziarlo in due direttrici: da una parte le influenze del territorio a beneficio dell’impresa e, viceversa, l’apporto strutturale e culturale che dall’impresa si dipana nel territorio.

Questo punto di vista circa la cultura industriale ho cercato di raccontarlo nel mio nuovo saggio dal titolo Archivi e Musei d’impresa come strumenti 
di valorizzazione territoriale. Il testo è all’interno del volume Strategie di Rigenerazione del Patrimonio Industriale (Edifir editore, Firenze) a cura di M. Ramello e C. Natoli.

 

La crescita dei musei d’impresa

Da questo anno i Musei d’impresa sono “Luoghi d’arte nazionali”, come stabilito da un recente accordo fra Ministero dei Beni culturali e l’Associazione Museimpresa.

Una buona notizia che riguarda il mondo museale e culturale italiana.

Come racconta un recente articolo del Sole 24 ore, è stato sottoscritto un accordo fra Museimpresa ed il Ministero dei Beni culturali che “riconosce e promuove il ruolo culturale e sociale dei musei delle imprese e li inserisce nella rete dei luoghi d’arte nazionali”. Dunque, è stato riconosciuto ufficialmente che i Musei d’impresa non sono solo strumenti strategici a beneficio dell’impresa, ma anche “Luoghi d’Arte Nazionali” e quindi rappresentano un valore per il territorio di cui fanno parte. Un valore che si estrinseca da una parte con un ruolo di Conservazione e Valorizzazione della memoria industriale, tecnologica e del lavoro e dall’altra in qualità di punti di riferimento per il turismo industriale. Un nuovo tipo di turismo tematico che sta crescendo moltissimo nel nostro Paese con cifre notevoli, come si evince dal sopracitato articolo, da 57.000 del Museo Piaggio ai 50.000 del Museo della liquirizia a Cosenza, ai 40.000 del Museo Ducati a Bologna fino ai più di 200.000 visitatori dei Musei Ferrari.

Costruire Musei d’impresa non è solo investire per la propria azienda ma anche creare valore per il proprio Paese!

Per ulteriori approfondimenti ecco il link dell’articolo tratto dal Sole 24 Ore:

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2017-12-01/la-crescita-musei-d-impresa–222202.shtml?uuid=AEEQXFLD

 

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